Visita guidata, terza parte

Avvertimenti:rovinerò entrambe le serie con un colpo solo!
Personaggi:Team Criminal Minds/ Team White Collar

Questa fanfiction prevede un uso indiscriminato dei personaggi di due telefilm.
White collar e Criminal Minds, i cui produttori e sceneggiatori -Eastin, Bernero e compagnia briscola – spero non mi facciano causa ma parola non ci sta lucro alcuno, solo divertimento.
Mio di sicuro, dei lettori non so. :rolleyes:

Note:Per i pomodori e le uova, secondo scaffale sulla sinistra.

Era un indirizzo. E il disegno stilizzato di un origami a forma di fiore, il codice di Alex.
“Sa di trappola.”
“Devo andarci, dovevo ben parlarle no?”
Decisero che sarebbe andato all’incontro con Derek alle costole, visto che Alex non poteva collegarlo alla loro unità. Diana gli raccomandò di non perderlo mai di vista.
“Non abbassare mai la guardia, è bravo a… sparire.”
“Non sono un pivello.”
La donna lo guardò come per aggiungere qualcosa, ma cambiò idea e non disse una parola. Lasciando che fosse solo un pensiero.
Non lo è nemmeno lui, e spero che tu non lo scopra oggi.

Il luogo scelto da Alex era una via molto affollata.
Derek non perse mai di vista Caffrey, era a pochi metri da lui, quando vide l’uomo salire su un taxi.
Ma se questo è l’indirizzo, dove sta andando?
Prese l’auto e si mise a seguire il taxi. Lo perse di vista un paio di volte, era l’ora di punta. Poi ad un certo punto, svoltò ed ecco… decine di taxi gialli lungo la via. Alcuni svoltarono nelle traverse e non fece in tempo a vederne il numero.
Caffrey era sparito.
Chiamò immediatamente Diana per far verificare dov’era tramite la cavigliera. E lei gli rispose che era ancora nella via dell’incontro.
Ci era tornato, assicurandosi che l’uomo non vi assistesse.
Cosa diamine sta combinando?
Tornò più rapidamente possibile al punto di partenza, ma non c’era traccia né di Neal, né di Alex.
Poi un ambulante chiamò Derek.
“Ehy, lei è dell’Efbiai? Un tale con un bel completo mi ha detto di darle questo.”
Era la cavigliera di Neal.

“TI AVEVO DETTO DI NON PERDERLO DI VISTA!”
“Non lo ho fatto.”
“Certo, si è dissolto davanti al tuo naso.”
La discussione stava andando avanti da almeno 5 minuti, Diana si era infuriata con Derek per essersi fatto gabbare in quel modo.
Lei lo aveva avvisato, ma lui no… tanto non era un pivello!
Ora avevano due persone da cercare.
E per quel poco che sapeva di Neal ora era sulle tracce di Adler, con o senza Alex.
Ricostruire l’accaduto era stato semplice, l’ambulante aveva detto di aver visto una donna con dei lunghi capelli castani scendere da un taxi, seguita dall’uomo che gli aveva dato la cavigliera.
Come Alex avesse trovato il modo di levargliela era una cosa che avrebbero chiarito poi con gli sceriffi federali, ma l’importante era che quando Derek aveva visto Neal salire sul taxi c’era anche lei.
L’ambulante disse anche che l’uomo pareva seccato dalla donna, come le se stesse facendo un favore malvolentieri.
“Sa quando si accompagna la fidanzata a fare shopping mentre si preferirebbe vedersi una partita?”
Fu la frase esatta.
Quindi non era andato con lei di sua spontanea volontà. Almeno a prima vista. Con Neal non si può mai sapere dove inizia la verità e dove la libera interpretazione dei fatti.
Jones si diresse al rifugio di Mozzie sperando che l’avrebbe aiutato a capire dove potevano essere andati, ma il rifugio era vuoto.
Niente più tempietto buddista, ma solo della sabbia al centro del piccolo rialzo che stava in mezzo alla stanza.
Dove era stata tracciata la scritta: Hoover è stato qui!
Mozzie e la segretezza dei suoi rifugi.
Come trovarlo adesso?
Improbabile che tornasse da June, Neal gli aveva detto di mettere al sicuro Elizabeth e l’uomo aveva preso alla lettera il suo compito.
Se da una parte la cosa era rassicurante per l’incolumità della moglie di Burke, dall’altra era quanto meno snervante che la gente potesse sparire così facilmente.
“Mozzie si terrà aggiornato. Se diamo la notizia che Neal Caffrey è stato rapito potrebbe contattarci lui.”
“Ma potrebbe anche essere un modo sicuro per condannare Peter. Se lo ha Adler e scopre che non può usarlo per farsi aiutare da Neal potrebbe liberarsi dell’incomodo di un agente federale rapito.”
“E se non dicessimo che è stato rapito?”
“Cos’hai in mente?”
“Neal ha detto di avere un amico con una memoria fotografica, era a Mozzie che si riferiva?”
Si era rivolto a Diana e Jones sperando che avessero la risposta.
“Sì, Mozzie è… un’enciclopedia ambulante.”
“Perfetto, allora potrebbe notare dei codici se li mettiamo nei punti giusti, cose che ad Adler non direbbero niente.”
“Ma dovrebbe guardare dove vogliamo noi.”
“Lo farà se sarà un servizio su Peter Burke e la sua imminente liberazione.”
Prese dei fogli ed iniziò a scrivere una frase, poi la corresse facendola diventare un anagramma. E poi la modificò ancora.
Se l’uomo era geniale come diceva Caffrey poteva funzionare.
La frase doveva essere un normale cartello di protesta contro il governo, uno di quelli che Mozzie avrebbe letto di certo. Firmato “Ken Leeveattab Sr.”: l’anagramma di “Steve Tabernakle”, uno degli alias di Neal.
Era un azzardo, ma era il solo mezzo per tentare di farsi contattare dall’uomo.
Il servizio andò in onda, con Hotch che spiegava che era imminente la liberazione dell’agente rapito alcuni giorni prima.
Mozzie notò il servizio.
Lo registrò per farlo vedere ad Elizabeth e darle qualche speranza. Mentre lo rivedeva il suo sguardo fu attratto dal cartello che stava in bella vista, insieme ad altri.
E vide l’anagramma.
Capì che quello era un segnale per lui.
Ma perché Neal non mi ha chiamato direttamente?
Trascrisse il messaggio e cercò di capire cosa nascondesse.
Gli ci volle un poco, ma ne venne a capo.
Era una convocazione negli uffici dell’Efbiai. Neal era stato rapito.
Poche cose lo mandavano in ansia come dover andare in quei posti, ma per l’amico questo ed altro.
E poi avevano stuzzicato la sua curiosità e voleva conoscere la mente che stava dietro quel cartello.
Non disse niente ad Elizabeth, era già abbastanza preoccupata per il marito. A cosa sarebbe servito dirle che pure Neal era nei guai ora?
Si limitò a dirle che sarebbe andato a vedere se c’erano novità.

Quando aveva visto il taxi fermarsi davanti a lui aveva esitato, poi la portiera si era lievemente aperta, c’era qualcuno che si era accovacciato per non farsi vedere. Pochi dubbi sull’identità della misteriosa persona che gli offriva un passaggio all’ora di punta. Era salito, domandandosi come pensasse di evitare di essere seguita con un tale munito di gps da caviglia al seguito.
Il tassista era ripartito, lei in silenzio aveva armeggiato con la cavigliera, sganciandogliela e dandogliela poi in mano, solo allora lo aveva salutato.
“Buongiorno Neal, ora torneremo nei pressi di quell’ambulante e gli dirai di darla al tuo nuovo amico dell’efbiai, se vuoi rivedere quello vecchio.”
“Buongiorno anche a te Alex, non minacciarmi. Se capita qualcosa a Peter…”
La donna lo interruppe: “Non dipende da me, non più.”
“Cosa stai dicendo? Se Peter non lo hai rapito tu… come puoi evitare che gli capiti qualcosa?”
“Oh no, lo avevo rapito io. Fatto rapire per essere precisi. Ma era solo per evitare che tu consegnassi tutto nelle mani dei federali. Volevo la mia parte e Peter era la mia assicurazione, anche se mi ero accertata che non gli venisse fatto alcun male.”
“Alex io…”
L’uomo era furioso. Sapeva che il bottino faceva gola anche a lei, ma non avrebbe mai pensato arrivasse a tanto. Si trattenne a stento dal prenderla a sberle.
“… hai detto che non dipende più da te, spiegati meglio!”
Nel frattempo lui notò che erano in un punto della città in cui perdere di vista un taxi in mezzo alla bolgia era un attimo, Alex aveva valutato bene l’orario e il luogo. Erano proprio affini loro due, nonostante l’irritazione crescente nei suoi confronti non poteva che esserne nello stesso tempo colpito.
“Adler ha scoperto dove lo tenevo nascosto, un certo idiota non è stato abbastanza prudente, e i suoi uomini sono passati a prenderlo questa mattina. Mi ha dato un ultimatum: o con lui o contro di lui. Lo sai, non dà seconde occasioni.”
“Quindi ora mi consegnerai a lui in cambio della tua parte? È questo il patto?”
“Non esattamente, ma ora liberiamoci di questo gingillo.”
Erano ritornati al luogo dell’incontro. Il tassista si era voltato per dire qualcosa ad Alex e Neal aveva visto che era stato pestato. Gli uomini di Adler, probabilmente. Neal sospettava che la frase su chi non era stato prudente si riferisse proprio a lui.
Alex era scesa dal taxi ed aspettava Neal, che la seguì e si diresse verso l’ambulante facendo quello che lei gli aveva ordinato. Peter era in pericolo e se consegnarsi era l’unico mezzo per salvarlo lo avrebbe fatto. Anche se sentiva che c’era qualcosa in quella faccenda che gli sfuggiva. Era una sensazione estremamente fastidiosa. Ed eseguire gli ordini non era la cosa che gli veniva meglio.
Come far capire che non stava… scappando?
Cercò di assumere un espressione particolarmente infastidita, cosa facile visto che lo era per davvero. Sperava che l’uomo notasse il suo fastidio e lo riferisse. Forse sarebbe bastato. O avrebbero pensato a un qualche inganno.
Probabile. Non sarebbe stata la prima volta, e il fatto che prima in ufficio avesse dato in escandescenze non deponeva certo a suo favore. Alex lo stava ficcando proprio nei guai, e lui che aveva rischiato così tanto per lei. La sua libertà condizionata. La fiducia di Peter.
Grazie mille, Alex. Pensò ironico.
Risalirono sul taxi e si allontanarono. Senza aspettare di vedere l’arrivo dei federali, non era il caso di farsi trovare nei paraggi. Arrivarono nei pressi di un palazzo che doveva aver visto tempi migliori, non doveva essere rientrato nei progetti di recupero urbanistico degli ultimi sindaci della città, ottimo nascondiglio.
Alex gli fece strada fino ad un appartamento, la cui porta scardinata faceva ben capire cosa poteva essere capitato.
“Qui era dove tenevi Peter? Qui ti sei assicurata che non gli capitasse niente di male?”
“Doveva restarci solo pochi giorni, una settimana al massimo, tu mi avresti dato la mia parte e io lo avrei liberato.”
Neal entrò nel secondo stanzino, e vide la catena a terra. Si voltò furibondo verso la donna.
“Lo avevi incatenato? Davvero un bel modo per trattare un prigioniero!”
“Andiamo Neal, tu sei alla sua catena da oltre un anno ormai, che vuoi che sia qualche giorno di prigionia?”
L’uomo afferrò la donna per le spalle, il complice di Alex si mosse per fermarlo, ma lei gli disse di stare al suo posto. E guardò fisso negli occhi Neal.
“Avanti, colpiscimi se pensi che ti farà stare meglio, ma ricorda Adler farà ben di peggio.”
Neal era veramente tentato di allungarle una sberla, l’idea dell’amico legato ad una catena lo mandava in bestia. Vero anche lui aveva una sorta di catena, ma era ben diverso e poi lui era un delinquente per cui un poco se lo meritava, Peter no.
“Non provocarmi!”
La lasciò andare, ben consapevole che ora era alla sua mercé, toccava a lei muovere.
O ad Adler.

Intanto Peter riprese conoscenza e si accorse di non essere nello stanzino dell’altra volta. Non aveva più la catena alla caviglia, ma non era nemmeno libero, era in una cella.
No, questo è un incubo. Si disse. Prima una cavigliera ora una cella, si tratterà mica di un qualche scherzo di Neal?
Sapeva che non era vero, ma l’idea di fargli provare come ci si sente a stare incatenati e in una cella a Neal poteva anche essere venuta, viste le volte che lo prendeva in giro per la condizione di suo prigioniero per i prossimi tre anni. Però era consapevole che non sarebbe mai arrivato a tanto, o almeno se lo augurava.
Arrivò un uomo, a volto scoperto.
Gran brutto segno. Pensò Peter.
“Ben svegliato, per un momento avevamo temuto di averla persa. Ma a quanto pare ha la pelle dura.”
“Dove sono?”
“Oh cominciamo già con le domande? Forse non le è chiaro, qui le domande le facciamo noi. Signor federale.”
Mozzie lo chiamava abitualmente “federale”, con lo stesso tono di scherno, ma senza la nota di cattiveria di quella voce. Come può cambiare una parola a seconda di chi ce la dice; quando la sentiva da Mozzie ormai gli scappava solo da sorridere, pronunciata ora… era una minaccia.
Guardò fisso il suo carceriere, non gli avrebbe dato la soddisfazione di farsi prendere dal panico all’idea di essere loro prigioniero. Contava sulla sua squadra, su Caffrey. Non lo avrebbero lasciato solo. Di quello era certo, o perlomeno doveva pensarlo chi lo teneva prigioniero, vedendolo tranquillo ad agitarsi sarebbero stati loro.
L’uomo sostenne lo sguardo dell’agente, poi scosse la testa come se non si aspettasse niente di diverso, e lo lasciò da solo senza aggiungere una parola.
No, non sembrava agitato. Non ancora almeno.
Cercò di capire cosa poteva essere capitato. E sperò che gli altri avessero messo Elizabeth al sicuro, perché di certo se lui era finito nel mirino di queste persone lei poteva essere in pericolo. No, non voleva pensarci, sicuramente l’avevano protetta. Era facile non mostrare preoccupazione per se stesso, un altro discorso se solo immaginava che facessero del male a sua moglie.
Gli era intollerabile il solo pensiero.

Mozzie le aveva detto che sarebbe tornato presto con delle notizie. Elizabeth aveva detto che andava bene, l’uomo non sospettò nemmeno per un momento quali fossero le reali intenzioni della donna. Non aveva alcuna voglia di accettare ulteriormente la sua condizione di prigioniera. Ma sapeva che se avesse detto a Mozzie: “Vengo anche io a sentire.” non avrebbe ottenuto niente.
Aspettò che fosse uscito e poi prese la scala di servizio. Lo seguì e si accorse che stava andando direttamente agli uffici dell’Efbiai. Doveva essere capitato qualcosa di grosso perché Mozzie non si limitasse a chiamare Neal per essere aggiornato. Sapeva quanto detestasse gli edifici federali, il fatto che vi si stesse dirigendo non poteva essere un buon segno.
Lo vide fermarsi un attimo, come per riprendere fiato mentre si apriva l’ascensore, rimase lì fermo davanti per qualche istante, le porte stavano per richiudersi, lei si fece avanti. Bloccando le porte.
“Andiamo Mozzie, oramai ci siamo.”
L’uomo sussultò come colpito da una scarica elettrica.
“Tu. Ma dovevi…”
Si bloccò rendendosi conto che era stata tale l’agitazione mentre veniva in uno dei posti che odiava di più al mondo da non essersi nemmeno reso conto che lei lo aveva seguito.
Neal questa non me la perdona. Ho messo Elizabeth in pericolo.
Lei parve capire cosa lo agitava.
“Andiamo, Neal e Peter non potevano pensare che me ne sarei stata buona ad attendere notizie. Ho colto l’attimo.”
Nel parlare aveva lievemente spinto l’uomo nell’ascensore e premuto il tasto del piano degli uffici del marito. Quando le porte si aprirono vide chiaramente il panico negli occhi dell’uomo. Distintivi e pistole.
Il posto aveva un che di terrorizzante per un truffatore di lungo corso come lui.
Hotch vide lo stesso terrore e riconobbe l’uomo descritto da Jones.
Il messaggio di Reid ha funzionato.
Quello che non si aspettava era la presenza della moglie di Burke. Avevano dato la falsa notizia della liberazione imminente dell’uomo, ora le avrebbero dovuto spiegare che era una menzogna. Rimpianse l’assenza di JJ, lei avrebbe trovato il modo migliore per scusarsi della falsa speranza.
Si presentò alla donna, che lo riconobbe come l’uomo visto al notiziario.
“Signora Burke mi dispiace incontrarla in queste circostanze, sono l’agente Aaron Hotchner, stiamo ancora cercando suo marito. Mi dispiace se con il notiziario le abbiamo dato false speranze, ma dovevamo attirare l’attenzione di Mozzie.”
Elizabeth ci mise pochi istanti a capire che doveva essere capitato qualcosa anche a Neal, lui non avrebbe avuto bisogno di un notiziario alla TV per contattare l’amico. E lo disse all’uomo che le porgeva la mano insieme con le sue scuse.
“Cosa è capitato a Neal? Lui avrebbe semplicemente telefonato a Mozzie.”
Se Hotch rimase sorpreso dalla rapida reazione della donna non lo diede a vedere.
Questa donna ha carattere. Buon per lei.
“Non ne siamo certi, sembra che sia stato rapito a sua volta, ma potrebbe anche essere complice.”
“Non dica sciocchezze!”
Era stato Mozzie ad intervenire, come se solo l’accusa all’amico lo avesse risvegliato dallo stato di catatonia in cui pareva essere caduto nei secondi seguenti al panico. Elizabeth gli posò una mano su una spalla per calmarlo.
Hotch fissò l’uomo, senza dire una parola, lo vide distogliere lo sguardo in fretta. Come se solo in quell’istante si fosse reso conto del tono di voce usato. Ma lo rialzò altrettanto rapidamente.
“Sarà meglio che abbiate delle buone ragioni per accuse così infami. Neal non sarebbe mai complice di chi ha rapito Peter, lei non lo conosce come lo conosco io.”
“No, per quello l’abbiamo cercata. Caffrey ha detto che lei ha quello che cerca Adler. E quanto pare lo sta cercando anche una certa Alex Hunter. È con lei adesso, ma non sappiamo se di sua spontanea volontà o meno.”
“Alex? Ma se stiamo collaborando!”
“È la stessa cosa che ha detto Caffrey prima di andare all’incontro con lei. Dopodiché è scomparso.”
“E la cavigliera?”
“Tolta. Sospettiamo di un marshall che non si riesce a rintracciare, forse si è lasciato corrompere. Ed ha fornito alla signorina Hunter il codice per disattivarla.”
“Ah certo che ne avete di gente affidabile, e poi sospettate di Neal? Guardate le vostre travi invece delle altrui pagliuzze!”
“Può aiutarci a capire dove può essersi nascosta?”
“Certo che posso! Non è stata sua l’idea del cartello, vero?”
Hotch non se la prese per l’implicita accusa nella frase; il lei non è abbastanza intelligente era talmente mascherato da semplice curiosità che forse se lo era solo immaginato. Gli veniva spontaneo leggere tra le righe di quello che gli altri dicevano, sempre ed in ogni momento, ma poteva lasciar correre. Si domandò solo quante volte doveva aver fatto uscire dai gangheri Burke un tale soggetto.
“No, è stato un mio collega basandosi su cose dette da Caffrey.”
Arrivarono anche gli altri durante quello scambio.
Diana chiese a Elizabeth se voleva un caffè. Lei accettò volentieri e chiese di poter andare nell’ufficio del marito ringraziando Diana per la cortesia.
Il resto della squadra venne rapidamente presentato ad entrambi. Spencer chiese a Mozzie quanto gli ci era voluto per risolvere l’anagramma e il codice usato. Parlottarono per qualche istante di alfabeti baconiani e successioni di Fibonacci, e prima che l’uomo se ne rendesse conto gli aveva rivelato i dettagli del frattale. Era bravo Reid a far parlare il prossimo. Specialmente se era su un terreno a lui noto, come il calcolo statistico e la matematica applicata. Però aveva capito solo Spencer, che dovette tradurre agli altri in parole povere. Semplificando i concetti.
Derek era rimasto in silenzio per tutto il tempo, ancora scottato per la sfuriata di Diana. Ora vedersi l’amico di Caffrey prima timoroso e poi via via sempre più tranquillo nell’esposizione dei fatti a lui noti, lo innervosiva ulteriormente. Non aveva esagerato in caffetteria quel mattino, era proprio come Reid. Sparava dati a macchinetta, ricordava il progetto che stava costruendo come se lo avesse di fronte, memoria eiedetica bis. Si ritrovò a pensare che forse non poteva reggere due Reid in un colpo solo, ma ascoltò le spiegazioni di Spencer e cercò di non farsi distrarre.
Emily e Rossi erano sorpresi quanto Derek, ma loro due non avevano un conto in sospeso con Caffrey. Non erano arrabbiati con lui, quindi erano meno scettici nei confronti del suo amico. Almeno fino a che avessero pensato che Caffrey era una vittima e non un complice della Hunter.
Elizabeth rimase colpita da quel giovane che aveva messo Mozzie suo agio semplicemente parlando il medesimo linguaggio. Empatia, le aveva detto che si chiamava Peter, quando riesci a capire il prossimo solo per il vissuto e lo fai tuo. Un dono di pochi.
Le venne in mente un pomeriggio, il telefono si era messo a squillare, Peter stava lavorando a casa, era Neal che li invitava a cena da June.
Quando lo disse a Peter scoprì l’inganno di Neal, voleva che Peter facesse una cosa e lui aveva rifiutato, allora aveva aggirato l’ostacolo, sapendo che lei avrebbe convinto il marito a unire l’utile al dilettevole. Una cena con interrogatorio. Il mondo di Neal Caffrey che si mischiava a quello di Peter Burke. Empatia.
Chissà se era il termine adatto. (No)

Un tempo si sarebbe divertito ai patetici tentativi dei federali di rintracciarlo. Negli anni era stato praticamente invisibile. Non aveva lasciato nessuna traccia e lo sapeva, era stato tutto pianificato nei dettagli. Il potere concesso dal denaro era molto, e lui sapeva come usarlo. Gli era stato insegnato molto tempo prima.
Suo nonno era stato un ufficiale nazista, aveva cambiato nome e si era rifugiato in Argentina, mai rintracciato a differenza di altri. Suo padre era un bambino quando scapparono dall’Europa, gli aveva spiegato che un nome non significa niente quando tu sai chi sei. Ma era meglio non farlo sapere ad altri. Nemmeno sua madre sapeva chi fosse realmente il suocero, e lui lo aveva scoperto quando il padre lo aveva messo a parte del segreto di famiglia. Operazione Eagle.
Gli era parso divertente usare la versione tedesca della parola eagle come nome falso, quando aveva iniziato a farsi conoscere nella finanza. Aveva portato avanti la missione di famiglia, l’aveva fatta sua.
Doveva solo ritrovare quell’ultima cosa. Non avrebbe permesso a nessuno di impedirglielo. Quando aveva saputo che una persona era arrivata fino al villaggio dove erano sepolti i suoi genitori e il nonno, aveva capito che qualcosa nel suo piano perfetto si era incrinato. Non era più divertito ora. Non gli piaceva quando qualcuno gli metteva i bastoni tra le ruote.
Scese nel seminterrato, gli avevano detto che il prigioniero non pareva spaventato, ci avrebbe pensato lui a cambiare le cose. Era rimasto molto seccato quando aveva scoperto che l’agente era già stato rapito, ma i suoi uomini avevano trovato una traccia, quando sai dove cercare è molto più facile. Avrebbe avuto Caffrey in pugno di nuovo. Era stato un peccato aver dovuto uccidere Kate Moreau, ma era stata una scelta necessaria. Se l’agente era arrivato all’hangar voleva dire che il carillon era in mano dei federali e a lui serviva Caffrey, vivo. Kate era sacrificabile. Per non essere preso.
Ma ora il frattale era stato scoperto; perché non aveva dubbi che Caffrey e il suo compare avrebbero risolto l’enigma, anche grazie ad un aiuto. Non era il solo ad essere attratto da quel segreto e manovrare chi pensa di condurre è un sottile piacere. Ora non era più tempo di aspettare. Lo avrebbero portato dove voleva. Ed avrebbe chiuso una volta per tutte l’operazione cominciata da suo nonno, nel 1945.
Entrò dove c’era la cella in cui era imprigionato Peter Burke. L’uomo lo riconobbe immediatamente.
“Vincent Adler, se è questo il suo nome.”
“Non sembra sorpreso di vedermi. Non importano i nomi, importano le persone agente Burke.”
“Non sono d’accordo contano anche i nomi, ma non penso ci perderà il sonno. Ora ha solamente aggiunto un altro capo di imputazione ai suoi reati: sequestro di un agente federale.”
“Nemmeno questo mi causerà insonnia glielo assicuro, lei piuttosto ha l’aria di non riposare come si deve da giorni, il letto non è abbastanza comodo?”
“Oh no comodissimo. Cosa pensa di ottenere tenendomi qui segregato?”
“Tutto quello che mi aspettavo di ricevere la prima volta, se lei non si fosse messo sulla mia strada. La prima volta ho lasciato correre. Ma ora basta, le assicuro che rimpiangerà di non aver lasciato perdere il caso.”
“Pensava veramente che avremmo ignorato un omicidio?”
“Avevate Fowler, potevate accontentarvi di lui. Ah se Neal quel giorno gli avesse sparato. Quanto sarebbe stato tutto più semplice.”
“Suppongo che anche farlo saltare in aria assieme con Kate Moreau fosse un modo per assicurarsi che non potesse porsi altre domande.”
“A dire il vero no. Avevo scoperto le intenzioni di Kate, inscenare la loro morte, e glielo avrei anche lasciato fare. Vede a me interessava avere il carillon e il suo contenuto, li avrei lasciati andare, ma lei ha rovinato tutto. Quando lei è arrivato ho capito che avevo perso di nuovo il carillon. E che Neal mi serviva ancora. Per riprenderlo o scoprire cosa conteneva. Kate è morta per colpa sua.”
“Non dica stronzate, lei li avrebbe uccisi entrambi, per evitarsi seccature future.”
“Legge nel pensiero agente Burke? Perché sa… è quello che intendo fare questa volta: lei, Caffrey e la sua amichetta finirete in pasto ai pesci, niente più seccature.”
Peter rimase come interdetto.
La sua amichetta? Di chi parla… Sara? Che la abbiano scoperta?
“Non vedo Caffrey in cella con me, mi sono perso qualcosa?”
“Lo vedrà presto, non tema. E mi assicurerò che si sappia che il ribaldo truffatore ha ammazzato un agente FBI per darsi alla macchia. Daranno la caccia a lui, per la sua morte. Ma sarete morti entrambi.”
“Non dimentica qualcosa? L’amichetta di Caffrey? Qualcuno si domanderà che fine ha fatto.”
“Non se risulterà essere sua complice fin dal principio. Forse non ha ben chiaro che ora il gioco lo dirigo io. Io e nessun altro.”
Allora non parla di Sara. Ma chi… Alex!
“Non ha ancora quello che cercava comunque.”
“Lo avrò. È questione di poco oramai. Non si faccia illusioni, so muovere bene le mie pedine.”
“Anche Caffrey sa giocare a scacchi.”
“Lo so, penso di avergli insegnato varie mosse che non conosceva ai tempi della nostra collaborazione.”
“Dubito molto che lei avesse qualcosa di buono da insegnargli.”
“Lei sì invece, vero? Sa è stato divertente vedere come il vostro rapporto cacciatore e preda sia diventato così fraterno. I suoi colleghi come la considerano la sua amicizia con un incallito criminale?”
“Visto che ci fa catturare gente come lei, la vedono come un ottima cosa.”
“Uh… pieno di idealisti all’efbiai. Non l’avrei mai detto!” disse Adler ridendo mentre usciva dalla stanza.
Peter fissò a lungo la porta dopo che Adler se ne era andato.
Aveva una ridda di pensieri in testa e la necessità di trovare il modo di uscire dalla cella. Se avesse potuto chiedere a Neal qualche informazione in quel momento… già.
Scusi mi presta il cellulare un attimo? Vorrei fare una telefonata.

Assemblare l’antenna aveva richiesto più tempo del previsto, trovare i componenti adatti per una cosa usata negli anni 40 era stato complicato. Ma aveva raccolto la sfida, la prospettiva di prendere l’uomo che aveva ordinato il suo omicidio era stato un ottimo incentivo. Osservò un istante le persone che stavano guardando lo stanzino vuoto, Neal era arrivato prima di loro. Non si aspettava niente di meno, lui e Alex dovevano avere un piano in cui non era contemplata la sua presenza. Era seccante essere messi da parte, ma aveva un incarico: proteggere Elizabeth.
Già, la ho protetta proprio bene non c’è che dire.
Pensò ironico l’uomo.
“Ancora convinto che Neal non sia d’accordo con Alex Hunter?”
Gli disse Derek voltandosi verso di lui e vedendosi osservato.
“Sì. Mi avrebbe contattato se fosse lui a condurre le danze.”
Forse.
Derek trovava incredibile il comportamento di quell’uomo. Era evidente la preoccupazione per il suo amico, ma nello stesso tempo non voleva aiutarli dicendo chiaramente cosa pensava.
Proprio amici per la pelle questi due.
“Non sono certo che ti avrebbe chiamato, dovevi proteggere Elizabeth. Perché distoglierti dal compito se poteva farsi aiutare dalla Hunter?”
Moz squadrò l’uomo che aveva di fronte. Era chiaro che Neal non gli piaceva. Esserselo fatto sfuggire sotto il naso in quel modo poi doveva essere stata l’ultima goccia.
“Non prendertela, Neal è bravo a sparire. Sapessi la fatica che hanno fatto a prenderlo la prima volta.”
Derek notò che non gli aveva risposto, tentando di farlo arrabbiare tirando fuori lo smacco appena subito.
Pensa che sia così facile provocarmi? Ora ti sistemo io, sbruffoncello.
“Veramente l’idea era di vedere da che parte stava Caffrey. Se questa è la risposta, forse non è bravo quanto crede.”
“Vuole farmi credere che prendersi una sfuriata da una collega davanti a tutti era parte del piano?”
Derek restò di sasso. Come lo sa?
Rossi levò lo strano ometto dagli impicci.
“Colpa mia Derek, stavo parlando con Diana ed ha sentito della lite.”
“Ho scoperto il suo bluff agente Morgan, ed ora?”
Stavolta fu Hotch ad intervenire, Moz stava esagerando.
“Non credo che questo sia un gioco.”
“Nemmeno io agente Hotchner, nemmeno io.”
Prese da terra dei fogli, erano quelli che aveva usato per il progetto. Ne mancavano alcuni. Neal gli aveva lasciato una traccia. Sapeva che lui avrebbe ricordato esattamente quelli mancanti.
“Abbiamo un indizio e la prova che Neal non lavora con Alex.”
Disse porgendo i fogli a Derek.
“Come fa a dirlo, non capisco?”
“Mancano le tre pagine inerenti la prima prova che ho fatto per il funzionamento dell’antenna. Ed ha piegato questo, quando si fa un origami il modo in cui si piega le prime volte la carta è un indizio di cosa si vuole ottenere. E questo ci dice dove si sono diretti.”
“Ed Alex non se ne sarebbe accorta? Mi risulta che ne sappia anche lei abbastanza di origami.” Disse Diana.
“Oh sì, se ne intende eccome. Ma potrebbe non aver collegato le tre pagine mancanti…”
“Potrebbe… e se invece lo ha fatto?” Lo interruppe Hotch.
“Oh, poi sarei io il paranoico, vero?” Replicò piccato l’uomo.
Diana e Jones si scambiarono un occhiata. Quello era davvero Mozzie? Non era da lui un atteggiamento tanto aggressivo. E sicuro di sé, soprattutto. Forse la preoccupazione per l’amico spiegava il suo comportamento, ma era una cosa un po’ strana.
Il telefono di Rossi prese a suonare. L’uomo rispose.
“Ciao. Va bene. Ti raggiungiamo subito.”
“Chi era?” Fu l’immediata domanda di Hotch.
“Qualcuno che ha risposto ad una e-mail.”
Rispose enigmatico.

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